“Ricorditi di me, che son la Pia”… è la richiesta struggente rivolta in Purgatorio a Dante da Pia de Tolomei, nobildonna senese del XIV secolo uccisa dal marito.
Pia chiedeva di ricordarsi di lei, di non dimenticare la sua morte per mano di “colui che ‘nnanellata pria disposando m’avea con la sua gemma”.
Parole che suonano ancor più attuali e strazianti nel pensare che l’ultima vittima della stessa violenza è di appena due giorni fa.
E allora ricordiamoci di loro, ma non solo a parole, bensì con azioni forti per contrastare la violenza di genere, per aiutare e proteggere le vittime, per perseguire i colpevoli e per creare le condizioni per cui i casi di femminicidio diventino sempre più rari.
Mentre invece sono già 55 le donne uccise dall’inizio dell’anno, in gran parte dal marito, dal fidanzato, specialmente quando davanti a queste parole si va posizionare il prefisso ex.
A livello europeo il Consiglio d’Europa ha ratificato la Convenzione di Istanbul, tra i primi firmatari l’Italia che l’ha convertito in legge nel 2013.
Un insieme di principi, raccomandazioni e obblighi, da trasferire nell’ordinamento nazionale dei 32 paesi che l’hanno sottoscritto, racchiusi nel primo atto internazionale che etichetta la violenza contro le donne come una forma di discriminazione e soprattutto una violazione dei diritti umani.
Su questo punto è la D.i.Re Donne in Rete contro la violenza a richiamare l’attenzione: “Ci sono azioni efficaci e già prescritte dalla legge che vanno intraprese subito”.
Mi associo quindi all’appello rivolto al Ministro Maria Elena Boschi, che da qualche giorno ha assunto le deleghe alle Pari Opportunità, affinché intervenga facendo applicare la Convenzione di Istanbul in ogni sua parte.
E quindi i Centri Antiviolenza ricevano risorse maggiori e regolari, le case rifugio crescano in numero, le operazioni di denuncia siano facilitate e le richieste di aiuto vengano davvero raccolte e ascoltate prima che sia troppo tardi.
Così come è rivolto al Ministro Stefania Giannini, perché di fronte a numeri che sono quelli di una strage dobbiamo intervenire sempre di più sulle radici più profonde e dure da sradicare, e andare nelle scuole, dove ci sono gli uomini di domani, a insegnare la giusta “educazione affettiva”.
Abbiamo le conoscenze e le possibilità, oltre che il dovere, di mettere in campo queste azioni, che possono salvare molte vite. E non si può più aspettare.