Fuggire dalla morte in Nigeria e trovarla in Italia, a Fermo. Questa è la storia di Emmanuel.
Le storie di chi scappa dalla Nigeria sono spesso terribilmente simili. E anche quella di Emmanuel e di Chinyery assomigliava alle altre. I loro familiari e la loro bambina uccisi in uno degli attacchi alle chiese cristiane compiuto da Boko Haram.
Boko Haram è un’organizzazione terroristica che in Nigeria uccide centinaia di persone, distrugge interi villaggi, rapisce le donne, usate e vendute come schiave sessuali, e i bambini, imbottiti di esplosivo per esplodere in mezzo alla gente.
Questa è casa loro, da dove si fugge per la paura che un giorno anche il proprio corpo sia ammucchiato per strada, in mezzo alle macerie di un’esplosione o di un villaggio bruciato.
Anche loro erano fuggiti da questo inferno, attraversato il Niger per arrivare in Libia, dove prima di rischiare di morire su un barcone per arrivare in Italia avevano trovato prigionia e violenza. Chinyery era anche incinta e durante il viaggio ha perso il bambino.
Però sembrava una storia a lieto fine, quando Emmanuel e Chinyery erano stati accolti a Fermo, nella Comunità di Capodarco di Don Vinicio Albanesi, che li aveva anche sposati. E noi oggi vediamo sui giornali le foto sorridenti di quel giorno felice.
Invece l’uomo fuggito dagli attacchi di uno dei gruppi terroristici più feroci del mondo ha trovato la morte a Fermo, per mano di uno che aveva deciso di aggredire e insultare lui e la moglie: “Scimmia africana”.
Dice Don Albanesi che Emmanuel è stato ucciso “da chi sente paladino di un’italianità da esaltare e garantire”, persone che “non hanno una vera e propria ideologia, ma un mix di arroganza, razzismo, stupidità”. Don Albanesi da qualche mese denuncia gli episodi di intimidazione verso le parrocchie e i centri che ospitano profughi: quattro ordigni piazzati davanti alle chiese.
Di persone con questa robaccia in testa purtroppo ce ne sono sempre troppe, il razzismo striscia nella nostra società e ha il tremendo vantaggio di alimentare sé stesso.
Noi abbiamo il dovere di sradicarlo il più possibile. Di seminare accoglienza, tolleranza, rispetto, integrazione, con le parole e soprattutto con azioni e politiche precise.
Per questo chi non lo fa e continua a parlare di invasione, di alzare muri, di respingere i migranti, di non accogliere nessuno, di orde barbariche chi si riversano nel nostro Paese, ha la responsabilità di alimentare quel razzismo che, al di là della stupida violenza del razzista che l’ha ucciso col suo pugno, ha portato alla morte di Emmanuel e alla fine del suo sogno.
Che era semplicemente quello di vivere con la sua Chinyery lontano dalla violenza.
Un finale che l’Italia doveva essere in grado di aiutarlo a scrivere.