La proposta d’intesa sul riordino del settore del gioco d’azzardo fa passi indietro. È addirittura peggio di quella presentata qualche mese fa che avevo definito uno schiaffo alla battaglia portata avanti da enti locali, Regioni e associazioni. Non posso che ripetermi, anzi rafforzare la mia contrarietà a queste misure e auspicare che in sede di conferenza unificata, dopo lo stop deciso nella scorsa seduta, si arrivi a una ridefinizione vera e propria.
Così com’è la proposta del Governo fa come il gambero: riduce a 150 metri la distanza tra le sale da gioco e Sert, scuole e chiese quando ci sono leggi come ad esempio quella della Regione Toscana che ne prevedono 500, comprendendo, inoltre, tra i luoghi sensibili una gamma ben più vasta di strutture. Spetta ai Sindaci, veri conoscitori delle criticità dei territori, poter decidere quelli che sono i luoghi sensibili. Il testo allenta le maglie anche sulle ore di chiusura che i primi cittadini possono prevedere per gli esercizi di questo tipo, facendole passare da 8 a 6. Uno ‘sconticino’ che, a mio avviso, non ha nessuna ragione di esistere.
Ricordo che quello del gioco d’azzardo è un settore che non ha paragoni con altri comparti dell’economia: cresce di sette punti annui, segnando un incremento record e un giro d’affari di 95 miliardi di euro. Il 4,4 per cento del nostro prodotto interno lordo. Ci sono materie su cui si deve mettere da parte la timidezza. È il caso di quelle che hanno a che fare con la salute dei cittadini, come la lotta al gioco d’azzardo. Non è un caso se il mondo dell’associazionismo, che da anni gravita attorno a questo fenomeno impegnandosi con battaglie importanti, ha manifestato una schietta ostilità verso le misure elencate, tra le quali, non si fa alcun cenno a una totale abolizione della pubblicità su qualsiasi mezzo di comunicazione. È fondamentale che siano messe a punto interventi di recupero e percorsi socio-sanitari ai fenomeni di dipendenza, quali il gioco d’azzardo patologico, ma di pari importanza sono le azioni che possono frenare il dilagare di questa piaga sociale, l’illusione meschina dei soldi facili.