Il Decreto sicurezza bis è disumano, è contro la Costituzione e il diritto internazionale, non solo per quanto riguarda i migranti ma per tutti noi. È una cattiveria razzista, che farà morire più persone in mare e che mina norme fondamentali dello stato di diritto in Italia, anche rispetto alla libertà di espressione del dissenso.
Il Ministro degli Interni e vicepresidente del Consiglio continua a rigurgitare incessantemente ogni giorno massicce dosi di odio, nel paese reale e in quello virtuale dei social media.
Eccolo quindi individuato il nemico, da cui derivano tutti i nostri mali, senza il quale l’Italia sarebbe il migliore dei mondi possibili: sono quelle persone, adulti, giovani, donne, bambini, perfino neonati, che ora potranno, anzi dovranno, essere lasciati annegare nel Mediterraneo per non contravvenire alla legge italiana.
Ed è giusto così. Perché se sanità e scuola non funzionano, se il lavoro non c’è, “è tutta colpa loro”. Quindi che tornino a casa, che non partano, qui non entrano! Qui per loro non può esserci niente. E se ci provano, che anneghino pure.
Questo ci raccontano ogni giorno. Il contagio di questa narrazione, alimentato dalla paura, dall’incertezza del futuro, dalla solitudine generata da un individualismo sfrenato, dilaga a macchia d’olio.
Ma sono davvero loro i nostri nemici, i colpevoli del declino del nostro stato sociale e del tessuto delle nostre comunità?
Proviamo per un attimo a spegnere la rabbia scientificamente alimentata dalla propaganda per fini di consenso e a dare di nuovo fiato alla ragione.
Parliamo della sanità, il settore che conosco meglio e dove ho lavorato molti anni. Parliamo del diritto fondamentale alla salute, dal quale oggi molte persone sono escluse o troppo spesso le famiglie lasciate sole.
Sappiamo che dal 2009 a oggi la sanità pubblica ha perso oltre 40.000 unità di personale dipendente, più del 6% del totale? Che dallo stesso 2009 al 2016 la spesa per personale si è ridotta di quasi 2 miliardi di euro? E che dal 2001 al 2015 l’età media del personale è cresciuta di quasi 7 anni, 54 anni per i medici in servizio, 48 quella degli infermieri.
Vogliamo dire che è colpa dell’Europa? Ebbene, bisogna sapere che per il pieno rispetto delle normative europee sui turni di lavoro occorrerebbe assumere circa 15.000 infermieri. Sono ormai 20 anni che al sistema sanitario pubblico sono imposti tagli orizzontali, vincoli di spesa e di assunzioni, e va ancora peggio nelle regioni sottoposte a Piani di rientro (non la Toscana).
Per finire, ricordo solo che la legge 191/2009 con le successive modifiche prevede che fino a tutto il 2020 la spesa del personale non superi il corrispondente ammontare del 2004 diminuito dell’1,4%.
A fronte di tutto questo è utile anche ricordare che il nostro Paese, nel 2018, ha speso per la gestione complessiva dell’immigrazione lo 0,26% del Pil, pari allo 0,50% della spesa pubblica totale.
Questi sono dati, cifre, fatti, leggi. E lo stesso si potrebbe dire per la scuola, i trasporti locali, le politiche del lavoro, per la casa, ecc…
In questa perdita di terreno lo sapete chi ci ha guadagnato? Chi i servizi li fornisce privatamente, laddove il pubblico non riesce più ad arrivare. La sanità privata, le assicurazioni, le pensioni integrative, il welfare aziendale, i grandi capitali finanziari che spaziano dall’offerta di sanità alla speculazione sui farmaci.
E allora, è davvero colpa di chi affoga in mare? Senza di loro da domani non ci saranno più code al pronto soccorso e liste d’attesa?
Si pensa davvero che flat tax e autonomia differenziata risolveranno i problemi? Piuttosto li aumenteranno, sottraendo risorse dalla tassazione progressiva ai servizi essenziali e rendendo ancora più profonda la frattura interna del Paese, producendo un’Italia di serie A e spingendone un’altra parte in serie B e forse, chissà, anche più in basso.
È il momento di dire basta a questa narrazione. Se c’è una colpa è nostra, dei nostri governi. Anche di chi, pur mettendosi addosso un’etichetta “di sinistra”, ha via via smantellato i servizi pubblici essenziali, a partire dal sistema sociale e sanitario pubblico, che invece deve rappresentare, specialmente a sinistra, insieme al sistema scolastico e della formazione, il più potente strumento di contrasto alle disuguaglianze socio-economiche e di giustizia e coesione sociale.
La colpa è nostra, di chi anche tra di noi ha cominciato a pensare che il sistema sanitario pubblico e universale non fosse più un modello sostenibile, di chi ha previsto la defiscalizzazione del welfare privato, di chi continua a mantenere una politica dei ticket che, dopo aver messo pubblico e privato in competizione tra di loro, rende il privato più competitivo. Di chi ha fatto gonfiare a dismisura le liste d’attesa, senza intervenire sull’abuso parossistico dell’intramoenia, e che piuttosto che pestare qualche piede e spendere energie in termini di programmazione e di valutazione di bisogni preferisce comprare dal privato, come al mercato, stock di prestazioni sanitarie.
Se ci pensate bene, molte di queste considerazioni valgono per le politiche sul lavoro, per la mobilità e i trasporti, le politiche energetiche e sui rifiuti, per gli investimenti sulla scuola, l’università, la ricerca e lo sviluppo.
La colpa è di chi non ha difeso né lavoratori né disoccupati, né anziani né studenti, né sanità né ambiente. Nel nome del mercato, della concorrenza, di una politica e di una sinistra che si è fatta intortare dall’idea di “premiare il merito” e non si è più preoccupata di dare a tutti le stesse opportunità di partenza. La colpa è di chi doveva e non ha saputo, e purtroppo continua, a non saper contrastare chi mette i penultimi contro gli ultimi.
Ieri ho letto le parole che meglio esprimono il pensiero che ho in testa. Sono di un partigiano e comunista italiano di 93 anni, molto più lucido di tanti pseudo giovani passati, presenti e futuri. Dice Aldo Tortorella: “se coloro che dovrebbero rappresentare le classi lavoratrici se ne vengono distaccando, altri volgerà il malessere popolare a proprio vantaggio e a vantaggio delle classi dominanti”.
Amen. È esattamente così. Negli ultimi decenni il grande abbaglio, per cui anche chi avrebbe dovuto difendere gli interessi degli ultimi ha creduto nell’autoregolamentazione del mercato e nel fatto che il benessere che in pochi accumulavano in alto potesse arrivare, sgocciolando, anche ai molti che restavano in basso, fino a farsi egemonizzare dal pensiero dominante neoliberista, ha dato colpi mortali a quella rappresentanza di classe sopra citata. Fino alla demolizione totale impressa a tutta velocità dagli anni del renzismo e dei suoi fatali mille giorni di Governo.
Ripartiamo allora da un progetto vero, concretamente di sinistra e non solo a parole, che vuol dire tutela dei diritti di tutti e investimenti sullo stato sociale, significa affrontare il tema ambientale, che è la vera emergenza del nostro tempo e non è più derogabile, come cambio di paradigma del modello di sviluppo. Modello che vogliamo inclusivo, solidale, sostenibile, in grado di generare lavoro di qualità, benessere collettivo, redistribuire risorse. Tenendo insieme, senza fare l’errore di separare mai più, la questione sociale e la questione ambientale e cercando di imporre una narrazione concreta e basata sui fatti.
Torniamo a confrontarci, torniamo a fare politica, a rappresentare una parte di società – quella che non si arricchisce sulla povertà e sullo sfruttamento degli altri – a darle voce e anche a sostenerla nel conflitto vitale con le altre parti sociali.
Torniamo ad elaborare proposte che dicano con chiarezza qual è la nostra idea del mondo, senza fermarci a slogan e a invocare una fantomatica unità contro le forze del male non avendo però mai il coraggio di dire intorno a “cosa” dovremmo unirci, che poi è un modo eccezionale per continuare a dividerci e a far sopravvivere solo dei piccoli e residuali gruppi sempre più autoreferenziali.
Non interessa il ronzio fastidioso delle nostre dichiarazioni che si accavallano sui media, non serve qualcuno che dia lezioni su cosa pensare e come vivere. Interessa sentirsi rappresentati, che i bisogni trovino soluzioni e che la propria voce possa essere sentita e ascoltata.
E a chi dice che “è colpa loro” rispondiamo: sì, è colpa loro, sempre i soliti, di chi controlla i capitali e si arricchisce laddove in molti si impoveriscono. Di chi soffia sulla paura per interessi personali. Spesso sono bianchi, ricchi, potenti e liberisti, altrettanto spesso calpestano i diritti dei lavoratori e dei più deboli.
Intanto qui si fa credere che il nemico da colpire sia chi ha la pelle scura e magari il corpo in mare. E’ più facile, ma il vero obiettivo siamo noi, che rimarremo senza sanità pubblica, senza scuola pubblica, senza servizi universali, senza diritti. A meno che non ce li possiamo comprare, sia chiaro.
Nel nostro mare, con gli incolpevoli migranti, sta affondando, in mezzo a un frastuono volgare e cattivo, il nostro stato sociale. Stiamo affondando insieme a loro.
Per chi non si vuole arrendere, è tempo di raccogliere tutte le forze che abbiamo.